CASUMARO

 

 

 

 

Cenno storico di Casumaro

Una leggenda vuole che Matilde di Canossa perse un figlio annegatosi dalle parti di Casumaro, e diede il nome al luogo di “Caso amaro”. Tuttavia, è molto più probabile che il toponimo derivi da “Casimari”, termine con il quale si indicavano piccole capanne di contadini di valle, presenti in quella zona paludosa. Le prime menzioni sul territorio sono dell’VIII° secolo, quando Casumaro viene menzionato far parte della “Corte di Trecentola”, che comprendeva anche Finale Emilia e Santa Bianca, e dove fu edificato Ponte Duce, attuale Campodoso, una fortezza situata al confine tra il Regno longobardo e l’Esarcato di Ravenna, allora parte dell’Impero bizantino, poi distrutto attorno al 1213.

Questa corte, che ai tempi dei Longobardi si estendeva dal Secchia fino ai confini con l’esarcato di Ravenna, venne suddivisa in due parti nell’anno 749: la parte nord al re longobardo Astolfo, la parte sud al fratello Anselmo che nel frattempo era divenuto abate dell’Abbazia di Nonantola nel 752.

Nel 1017, la contessa longobarda Richilca, conosciuta come Beatrice di Lotaringia e madre di Matilde di Canossa, donò parte del territorio della Corte di Trecentola all’abbazia di Nonantola, mentre l’altra parte era sotto controllo della Curia bolognese.

A partire dal XI° sec. Il territorio viene ceduto in enfiteusi alle famiglie locali, le quali iniziano l’opera di bonifica per renderlo adatto alle colture agricole. Per decenni, dopo il Mille, tre diverse amministrazioni si contendono la giurisdizione del territorio: Ferrara e la Chiesa, Bologna e Cento, Modena e Nonantola. E’ del 1131 la consacrazione del toponimo Casumaro. L’anno seguente i vescovi di Bologna ratificheranno l’atto. A Cento nasce la Partecipanza agraria, che insieme a quella di Pieve si spartirà la gestione di Casumaro e del Malaffitto. E’ del XV° sec. la costruzione della chiesa parrocchiale, forse il 1449, fondata su di un precedente oratorio, già dedicato a San Lorenzo, per volontà del vescovo di Modena, a seguito dell’impossibilità ricorrente per la popolazione di raggiungere la chiesa di Finale Emilia, impossibilità dovuta ai ripetuti straripamenti stagionali del Reno che rendevano impraticabili le strade. La sua erezione a parrocchia si ricorda nel giorno 4 marzo 1451. La costruzione viene abbellita ed ingrandita in momenti diversi nel corso del tempo; è del 1650 circa l’affresco del Cristo risorto, rinvenuto a seguito dei restauri della fine del XX° secolo, di cui si era persa memoria. La facciata viene conclusa nel ‘700. Solo nel 1838 il Duca di Modena Francesco IV° cede la parrocchia alla giurisdizione di Bologna in qualità di pieve sotto giurisdizione centese. Del 1781 è l’organo a 600 canne costruito dai fratelli marchigiani Andrea e Filippo Fedeli. La chiesa ha accolto ininterrottamente per secoli i fedeli fino al sisma del 20 maggio 2012  che ha reso inagibile l’edificio.

     

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